Testimonianza di Nuccio Pasimeni
Mino aveva in se tutte le caratteristiche dell’uomo nato libero.
Dell’uomo a cui gli schemi stavano stretti; sorrideva quando riusciva a spezzarli.
Oso aggiungere che, secondo me, l’aggettivo che più gli si addiceva era libertario, nel senso più nobile che questo termine implica.
Ha indossato il camice bianco solo perché doveva quando fece il tirocinio, ma poi nella libera professione non lo ha più indossato. A che serve il camice ad un medico?
A creare una specie di corazza tra lui e la persona che ha di fronte.
Lui ne faceva a meno. L’altro era uno che aveva bisogno di aiuto, per questo non occorre il camice.
Una sera andammo a posteggiare la macchina in una rimessa che una volta era stato un frantoio: muri spessi di carparo, volte a stella, chianche per terra ed in un angolo un torchio.
Allora, d’improvviso, lui mi fa: «Nù, io non farò il medico per tutta la vita.»
Lo guardai meravigliato: «No? Come mai?»
«Mi piacerebbe aprire una “cantina” in un locale come questo, ma caratterizzandola con i piatti tipici della nostra tradizione culinaria “più povera”, con prodotti della nostra terra, espressi e serviti con fantasia ma senza travisarne il gusto.
Poi, una volta avviata, lasciare, anzi liberarmi anche di questo legame in modo da potermi trasferire in Africa e lì rimanerci.»
Ha realizzato tutto questo, eccetto l’ultimo desiderio.
Forse lo sta facendo adesso.
Come segno dell’amicizia che mi concesse, voglio liberamente adattare per lui la seguente frase pronunciata da Gesù e riportata nel Vangelo di Marco:
“TALITHA’ CUMI”
TA: Padre
LI: Lascia, abbandona
THA: ha detto
GJUM: il sonno 

“Tata tha: lè gjumin”: il Padre ha detto “lascia il sonno… risorgi”!