Testimonianza di Formichiere Silenzioso
“Era la primavera del ’77 quando con tecniche molto rudimentali, impensabili per i millennial di oggi, provavamo a dire la nostra su temi molto più grandi di noi ma di cui si faceva un gran parlare, Pace, Fede, Impegno, Società!
In quelle poche e impacciate righe scritte a poco più di 15 anni, si trovano tutti gli elementi che poi hanno generato scelte concrete e stili di vita che quell’adolescente avrebbe fatto qualche anno più tardi. Ma se poi ciò è accaduto è perché quell’adolescente ha potuto affondare le sue radici in un humus fertile e ricco di sostanze nutritive. Ciò che in famiglia era stato seminato, in quell’ambiente ha avuto modo di svilupparsi, di trovare esempi e Testimoni presenti ed affidabili, di trovare linfa vitale.
La silente presenza di persone autorevoli agli occhi di quel ragazzo (vivono ciò che dicono), l’autenticità dei rapporti, l’educazione alla non superficialità in ogni ambito, l’attenzione ai dettagli (che fanno la differenza) il senso di comunità e l’appartenenza partecipata, sono stati alcuni importanti drivers per crescere in un momento in cui la tossicodipendenza imperava e la nostra città si avviava verso uno dei periodi più bui della sua storia. Ricordo le lunghe discussioni (sul sagrato della Chiesa Madre) per decidere di non spostare il Gruppo Scout fuori dal Centro Storico come segno politico e di speranza mentre tutti (attività commerciali e famiglie) erano in fuga dal Centro Storico rilegato a contenitore di delinquenza (la frontiera degli ultimi) e ad appesantire la situazione intervenne il dissesto idrogeologico che interessò una vasta area. Volutamente la sede del Reparto fu fatta “’ntra Sant’Anna vecchia” allora quasi inaccessibile con l’intento di coinvolgere i ragazzini che vi abitavano. L’impegno per il restauro della Chiesa Madre, come primo e vero tassello della ricostruzione dell’identità mesagnese incardinata sulla riscoperta del Centro Storico.
Questo sguardo al passato non è un esercizio di nostalgia ma la consapevolezza della grande opportunità che la frequentazione di uomini come Mino, Don Angelo, Don Daniele e altri, mi hanno dato. Uomini che mi hanno voluto bene, così com’ero e che mi hanno indicato una strada lasciandomi libero di percorrerla con tempi e modi del tutto propri. Figure che mi hanno dedicato gratuitamente e con amore il loro tempo, le loro energie e, perché no, le loro risorse economiche; sempre nella libertà assoluta. Tante volte mi sono allontanato per sperimentare altre strade, ma al ritorno l’accoglienza e sempre stata con il sorriso sulle labbra e con un “ciao come stai”.
Anche oggi vi sono uomini e donne che sanno guardare ai ragazzi con amore e disinteresse come facevano loro. Bisogna supportarli, dargli spazio e riconoscimento, specialmente oggi che chi guarda all’altro viene etichettato come “buonista” nell’eccezione negativa del termine anche se lo considero il miglior modo di spendere la propria vita. Dobbiamo aiutare queste persone e queste realtà a creare quell’humus di cui gli adolescenti di oggi hanno bisogno e indirettamente ne chiedono la disponibilità.
Essere testimoni credibili e autorevoli per gli adolescenti di oggi è molto bello, ma di converso è notevolmente sfidante; il repentino cambio dei linguaggi, la facilissima disponibilità di tecnologia (con tutto ciò che ne consegue in bene e in male), il tessuto familiare molto dilatato e spesso disgregato, i riferimenti etico-valoriali fluttuanti, il bombardamento dei media, ecc, pongono tali e tante variabili che orientarsi per gli educatori è complesso; siamo tuttavia consapevoli che cambiamenti e complessità, se opportunamente cavalcati e non supinamente subiti, possono generare nuove strade e grandi opportunità.
Quello che sarà il mondo di domani certamente non è facilmente prevedibile, ma a viverlo saranno quegli adolescenti di oggi a cui noi dobbiamo garantire un humus su cui affondare in libertà le loro radici. È la responsabilità che ci portiamo e di cui, prima o poi, dovremo dar conto.
Riguardando la pagina del giornalino e la vignetta sui piccoli esploratori, viene alla mente un aspetto al momento trascurato ma di fondale importanza in questo sguardo sul passato! L’ironia acuta, sferzante a volte dissacrante di Mino “Rondine Allegra”, il saper ridere di sé stessi, l’ottimismo contro ogni pessimismo, le grandi risate e la bellissima e intelligente convivialità accompagnata da rime baciate e da un buon bicchiere di vino, sono state la colonna sonora di un’esistenza. Anche di questo ne portiamo dentro una profonda traccia di cui ringraziare con gratitudine.”
