Testimonianza di Anonimo

“Per niente facili… Uomini e donne così poco allineati…”
Uso questa frase presa a prestito da una canzone per dare subito un’immagine a tutto tondo di chi era per me Mino: cattolico, scout, medico, bisognoso di sapere e conoscere, intelletto fine, ironico, di cuore, comprensivo, proteso verso gli ultimi o chi avesse bisogno. Di contro anche a volte burbero, scontroso, sbrigativo, tranchant. Negli anni, questo suo modo di essere gli è costato la frequentazione o anche l’amicizia di tanti, per incomprensione o perché non era uno che si facesse manipolare.
Cristianamente parlando si fermava a parlare con tutti: metaforicamente si può dire che frequentasse dai santi ai delinquenti, sempre con la stessa voglia di capire senza voler per forza cambiare l’altro.
Uomo dalle mille risorse ed interessi, cercava sempre nuovi stimoli e aveva bisogno degli altri non per sentirsi cercato od idolatrato ma perché ne corrispondeva bisogni ed interessi. Lui era per una partecipazione attiva alla vita e se ne faceva carico a tutto tondo: una volta, oramai più che cinquantenne, mi confidò che si era stufato di fare la parte di colui che tiene banco e come si suole dire “da le carte” in tante occasioni, per tenere su di tono l’ambiente cercando di coinvolgere tutti (cosa che spesso ti costa l’aggettivazione di essere il guitto della situazione); ma non poteva farne a meno per non scocciarsi a sua volta ed evitare così di frequentare la compagnia di turno. 
Tradizionalista nella forma ma progressista nell’animo, questo era il suo modo di vivere la sua vocazione: i suoi studi classici lo aiutavano a vedere il senso della natura delle cose e delle parole mentre la mente si protraeva a studiarne pragmaticamente la declinazione nella realtà spicciola di ogni giorno.
Aveva le sue idee e le difendeva ma non cercava di imporle agli altri bensì, pedagogicamente parlando, cercava il confronto e la discussione anche accesa come fase di crescita personale e collettiva.
Una volta ci eravamo trovati a discutere perché difendevo la scelta di lavorare per guadagnare e non per il piacere di seguire la propria attitudine e lui affermò perentoriamente: “e la nostra soddisfazione per la passione che ci mettiamo a farlo, non vale nulla?!?”. Ovvero: essere felice e sentirti vivo ha un suo prezzo e lo devi pagare per dare un senso alla tua esistenza.
Quando ti “battezzava” con l’appellativo di turno, l’aggettivazione era a tutto tondo ed esaustiva senza tema di smentita: capiva le persone e le conosceva in maniera profonda con i loro pregi e difetti. 
Posso affermare che fosse un uomo libero e lui a proposito di libertà citava sempre una massima a riguardo dicendo “la mia libertà comincia dove comincia quella dell’altro”, differenziandola così dalla versione più individualista e nota che la maggior parte di noi conosce. Ma accanto a questa frase ne ricordo anche un’altra dove mi presentò il concetto che la Consistenza dell’Essere, intesa come essenza delle cose, non era data dalla Sostanza in se ma dalla sua Convergenza: il senso della nostra vita e della nostra presenza qui ed adesso non può trovare risposta se non nel tendere ad un’idea di noi che magari si rileverà anche imperfetta, ma che ci indica la strada da percorrere.
Nel corso degli anni ne ho sentiti di giudizi su di lui (tanti positivi e tanti negativi) ma vorrà pur dir qualcosa il fatto che a dargli l’ultimo saluto, sia la chiesa che il sagrato antistante, così come la piazza o le strade circostanti, fossero così gremite di persone da non contenere tutti? 
“Grazie Mino” per tutto quello che ci hai dato e la tua presenza accanto a noi, per il breve tratto di cammino che assieme abbiamo fatto.