Testimonianza di Pietro Federico (Capo Scout Ceglie Messapica 1)

Provando a ripercorrere il lungo tempo – ormai – della mia memoria, riesco, non senza malinconica commozione ma anche con gioia sincera e gratitudine immensa per il dono dell’amicizia fraterna con Mino, a fissare nella mia mente tre brevi flashback, per me molto significativi (conoscenza antica, avventure giovanili, maturità).

CONOSCENZA ANTICA
Nel 1969-70, lo scautismo a Ceglie era in difficoltà, perché i grandi del Gruppo ASCI, fondato presso la Parrocchia San Rocco, nel 1966, grazie alla collaborazione con il Francavilla 1 (tanti anni dopo le prime rudimentali “testimonianze” di scautismo post-bellico, probabilmente nella seconda metà degli anni ’40 del secolo scorso, di cui abbiamo scoperto di recente alcune “tracce” fotografiche di allocazione presso l’attuale sede scout della Chiesa di San Gioacchino, all’epoca detta “la Chiesa dei giovani”), erano andati tutti via dopo che il fondatore e primo A.E. dell’epoca, il compianto don Antonio De Viggiano, era stato trasferito in altra sede.
Eravamo rimasti in pochi, un manipolo di ragazzotti, volenterosi di certo ma anche abbastanza disorientati. Tuttavia, poiché la Provvidenza esiste davvero, ci capitò in sorte un nuovo Viceparroco, giovane, capellone e beat, il compianto don Michele Pastore, che, in breve tempo, grazie al suo contagioso e pragmatico genio, innovatore e profetico per quei tempi, chiese insistentemente ed ottenne un contatto ai Capi del Commissariato ASCI (si chiamava così allora) della Provincia di Brindisi, i quali, data la nostra giovanissima età (i due più grandi avevamo appena 15-16 anni), ci accolsero inizialmente con una certa diffidenza (anche se loro, bisogna dirlo, non è che fossero molto più grandi di noi, avendo in media 18-20 anni, tranne qualche rara eccezione, un’età inimmaginabile attualmente per diventare Capi: per inciso, non so ancor oggi se tale evoluzione sia stata un bene, soprattutto per il Movimento scout più che per l’Associazione, considerato l’invecchiamento inesorabile delle nostre Comunità Capi…). 
Tra tutti (ricordo, oltre a Mino, Donato Rosa e Giuliano Giardina di Brindisi, Pietro Lia e Carlo Altavilla di Francavilla Fontana, mi perdonino gli altri che non cito per fisiologica amnesia senile…), mi colpì subito il ragionamento intelligente, il carattere socievole ed il coraggio nello “scommettere” sul futuro di un giovane Capo mesagnese, che si presentò come Mino Falcone, studente universitario in Medicina.

Da allora, per me, ancora ai primi anni di Liceo Classico (accompagnato, a volte, da qualche altro giovanissimo amico), fu un lungo ed interessante crepitio di incontri (in genere, ci vedevamo con gli altri Capi, prevalentemente Capi Reparto ed Aiuti – il mondo dell’avventura degli Esploratori andava per la maggiore allora -, sovente di domenica mattina, in Cattedrale a Brindisi o al Castello di Mesagne, che raggiungevo – non essendoci allora altri mezzi diretti e/o in orario utile – con un passaggio del nostro A.E. quando era libero da impegni o addirittura con un’auto a noleggio, pagata dalla Parrocchia, che “investiva” su di noi, suoi giovani, per dibattere temi di scottante attualità associativa e/o sociale o per organizzare attività correlate) ed esperienze (ricordo, tra l’altro, che già si parlava allora di cominciare a sperimentare la “Comunità Capi” ma io onestamente non capivo granché sul tema, almeno inizialmente; si discuteva di contro-informazione ed anche su questo ero oggettivamente un po’ in difficoltà, ma il tutto mi intrigava assai, soprattutto perché imparavo cose nuove: prima di tutto come avere un proprio pensiero critico ed originale oppure come lanciare un messaggio efficace costruendo un cartellone con la regola delle cinque W, ecc.), che avrebbero segnato profondamente la mia personalità e le mie scelte future, non solo scout, ma anche professionali e civiche.
Oltre tutto mi accorgevo che gradualmente stavo vincendo la mia innata timidezza (se sono diventato un “chiacchierone”, come dice simpaticamente mia moglie, lo devo in gran parte agli scout), essendo “costretto”, in qualche modo e come tutti nel “cerchio” di confronto e verifica, a dire la mia, con consapevolezza ed originalità, quando toccava il mio turno: devo dire che più ci conoscevamo e più i grandi mi ascoltavano con attenzione, soprattutto Mino (e questo mi inorgogliva e mi faceva sentire importante, un protagonista giovane – giovane tra molti protagonisti giovani – grandi del proprio tempo …).

AVVENTURE GIOVANILI
La prima avventura, bellissima ed emozionante: la Promessa!!! 
Ormai eravamo rinati come nuovo Gruppo scout a Ceglie, per cui decidemmo di ricominciare con le Promesse, che proprio di recente Domenico Strada, un mio giovanissimo Esploratore dell’epoca (oggi Generale dei Carabinieri, in pensione), che noi chiamavamo in campeggio “lo Scoiattolo della Sila” per la sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, mi ha ricordato: celebrammo solennemente l’evento in San Rocco, l’8 dicembre 1970, Festa dell’Immacolata, ricevendo tutti la Promessa dalle mani di Mino Falcone, emozionati come non mai e davanti ad una Chiesa gremita all’inverosimile. Da allora ci ha legato un’amicizia fraterna che non si è più dissolta nemmeno con la sua prematura scomparsa (vi confido che quasi ogni mattina, guardando la sua ultima foto – ricordo e dopo una preghiera semplice che ci mette in connessione spirituale, ci facciamo una breve chiacchierata o ci scambiamo un saluto come ai vecchi tempi: “Professò…”, sembra chiamarmi lui, com’era solito fare tra il serio e il faceto. Ed io, di rimando: “Ciao Dottò, che si fa oggi?“. E la giornata comincia …).  
Un’altra avventura indimenticabile: nella primavera del 1971, Mino volle portare me (e Luca Di Presa, un altro mio coetaneo, oggi anche lui Dirigente Scolastico in pensione come me), vincendo le ovvie resistenze dei Capi Campo ed assumendosene la responsabilità a fronte di regolamenti assai più rigidi di quelli attuali, al Campo Scuola Esploratori – 1° tempo, oggi si direbbe CFM , a Gravina di Puglia: fu allora che assaggiai per la prima volta, su proposta di Mino, senza ricavarne particolare soddisfazione gustativa (ma a lui non lo dissi mai…), la polenta con la salsiccia e “tirai” un piccolo ma buon sorso di vino (stavolta non senza piacere) al bottiglione comune – allora non c’era il Covid e comunque avevamo forse più “anticorpi di strada” – attorno al fuoco di bivacco serale, dove si cantava, si recitava e si scherzava insieme allegramente, al termine della faticosa giornata, fatta di lunghissime estenuanti sessioni metodologiche e di scouting spinto, con l’obbligo di prendere appunti sul Quaderno di Caccia, soggetto a meticolosa e pignola verifica quotidiana da parte dei Capi Campo. Oh, non ci crederete, ma dopo quell’esperienza incredibile, mi sentivo davvero già quasi – Capo!!! 
Una terza esperienza avventurosa insieme a Mino, una lunga e faticosa due giorni, una vera e propria  Route di Strada, Spiritualità, Comunità ( R/S e Capi tutti insieme ), nella primavera del 1976 (eravamo ormai in AGESCI), partendo da Francavilla Fontana, passando da Contrada Bax  per la via provinciale vecchia per Ceglie, puntando poi sul tratturo per Masseria Bottari e, quindi, attraversando un tratto di via Villa Castelli, continuando sul tratturo per le Contrade Iazzo – Ferruzzo, infine costeggiando Ceglie Messapica (scusate il verbo, ma a noi Cegliesi il mare è rimasto sempre un desiderio ancestrale…) e, poi, proseguendo per il tratturo di Masseria G. Nisi fino alla Stazione di Pascarosa, in agro di Ostuni, dove pernottammo, attrezzando il campo in uno spiazzo petroso ed accidentato: non so ancor oggi come riuscimmo a montare, non disponendo noi Cegliesi di altre attrezzature più leggere, una pesante tenda Mottarone, pur divisa in vari pezzi, che ci eravamo portati appresso, anzi addosso, sui vecchi e scomodi zaini “militari” comprati al mercatino settimanale dell’usato… Di quella Route ricordo, in particolare, che Mino volle darmi l’incarico fiduciario di tracciare l’itinerario e di guidare il gruppo dei partecipanti per più di metà del percorso (visionato il giorno prima, nella parte finale verso Pascarosa, dallo Staff con me in una vecchia 500 di un giovane prete di cui purtroppo non ricordo il nome), compreso l’hyke serale a coppie, dopo la S. Messa in aperta campagna. Io andai avanti con un altro Capo nel buio della sera– non per scelta personale, mi toccò il più giovane ed inesperto della compagnia, stessa sorte capitatami nel raid del campo scuola di Gravina, chissà perché, forse per una mia messa alla prova da parte del Padreterno, tracciando con i segnali di pista il percorso per le coppie che seguivano a distanza di quindici minuti circa l’una dall’altra: dopo un bel po’, mi accorsi che il giorno è sempre molto diverso dalla sera e che, ad un bivio, avevo sbagliato strada (“Come era possibile che ci fossero cespugli in mezzo alla strada se il giorno prima eravamo passati con la macchina?”). Un po’ trasalito per la figuraccia che avrei rimediato, oltre che per il probabile danno organizzativo, senza dare molte spiegazioni al mio compagno di strada che – beato lui! – continuava a starmi fiduciosamente incollato, invertii la direzione e tornai precipitosamente sui miei passi, invitando le prime coppie che seguivano (ancora poche, per fortuna!!!) a ritornare indietro, tra cui Mino, al quale – solo a lui! –  raccontai cosa m’era capitato, farfugliando qualcosa per la vergogna, preoccupato per l’esito del percorso, ma lui, con il suo solito piglio tranquillizzante e disincantato, disse: “E che problema c’è? Se si perdono, prima o poi ci troveranno. Ci penserà il Signore!”. Per la cronaca, non si perse nessuno …

MATURITA’
Devo dire che con Mino sono rimasto sempre in contatto, pur avendo io dovuto lasciare gli scout per l’Università prima, per la famiglia poi (tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80 del secolo scorso). Questo è stato fondamentale per la rinascita dell’attuale nostro Gruppo cittadino.  
Da tempo ormai, con mia moglie Pompea (conosciuta negli scout, infatti anche lei era stata prima Guida e poi Capo dell’AGI, in parallelo con la mia esperienza nell’ASCI) coltivavamo il desiderio di riprendere il vecchio cammino scout, anche per offrire ai nostri tre piccoli figli di avere, come noi, un’opportunità affascinante di formazione e di crescita. 
L’occasione (o la Provvidenza?) si presentò nel novembre del 1988, quando fummo “chiamati” da due amici di San Rocco, che chiedevano un nostro aiuto per ricostruire seriamente, in quella Parrocchia, un Gruppo scout (in realtà, come sempre nella storia degli anacronistici “recinti” parrocchiali, volevano – con il Parroco – che rinascesse un Gruppo scout solo per far concorrenza a quello della Chiesa Madre, che già negli anni ’70 aveva prodotto una scissione dal nostro Gruppo originario, cosa fino a quel momento mai acquietata a causa della vetusta mentalità parrocchiale locale…). 
Ci guardammo entrambi in faccia e decidemmo di buttarci nell’avventura ma alle nostre condizioni, essendo ormai due adulti maturi e genitori impegnati nella vita: non avremmo mai fatto la ”guerra” all’altro Gruppo, anzi, per non sbagliare, avrei interpellato immediatamente un mio caro amico, il Dottor Mino Falcone di Mesagne, di cui conservavo gelosamente il numero di telefono, per chiedere lumi e decidere cosa fare concretamente. 
Portammo nel suo studio diversi giovani amici che avevano “gran fame” di scautismo vero. 
Lui ci accolse con gentilezza ma, a nostre domande specifiche, rispose anche con una certa durezza (anche lui ormai era diventato un uomo maturo…) e con straordinaria e disarmante chiarezza. 
Lo scautismo “serio” si poteva fare, certo, ma solo seguendo le regole dell’AGESCI, che erano profondamente diverse da quelle delle origini: bisognava prima di tutto costituire una congrua Comunità Capi di adulti educatori, praticare un tirocinio di uno – due anni presso un’altra Co.Ca. (noi ci agganciammo subito all’Ostuni 1, dove già frequentavano alcuni Capi della Chiesa Madre, anch’essi avviati dal Comitato di Zona Brindisi sulle strade di uno scautismo “vero”), tracciare l’iter di Fo. Ca. personaleall’interno del Progetto del Capo degli adulti aderenti, cominciare a delineare il futuro Progetto Educativo di Gruppo: e così fu … 
Ancora una volta Mino ci dava fiducia, come già era accaduto da giovanissimi … 
Il Gruppo cittadino Ceglie Messapica 1 nacque finalmente nel 1990, anche su input decisivo del Comitato di Zona Brindisi, che aveva come Responsabili pro – tempore Marcello Pellegrino e Gianna Pettinau, oltre che per scelta coraggiosa e lungimirante di alcuni di noi, allora Capi adulti, già giovani scout, storicamente provenienti dalle due Parrocchie tradizionalmente “avversarie”, sancita con la sottoscrizione comune di un documento formale e sostanziale, redatto nel giugno 1989, anche da parte dei compianti Parroci dell’epoca, don Michele Pastore e don Vittorio Mele, che comunque, come AA.EE. del nuovo unico Gruppo, ci assecondarono e ci incoraggiarono fattivamente, disponibili anche loro al cambiamento ed alla collaborazione per “lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato”
Ma questa è un’altra storia …