Chi semina dimostra di avere la speranza, l’umiltà di attendere e il coraggio di fidarsi della capacità del seme di portare frutto.
Testimonianza di Maria Luisa Sardelli
Mino Falcone era un amico di famiglia, in particolare un quasi fratello per mia cognata Grazia Maria e per mio fratello Gianni. Era anche il mio medico di base nonché capo scout delle mie figlie Alessandra e Chiara. Avevo quindi modo di conoscerlo in quelle che sono le dimensioni fondamentali dell’essere uomo: l’amicizia come valore autentico del rapporto tra il sé e l’altro, la professionalità come serietà e competenza nel lavoro, l’impegno sociale come responsabilità inderogabile nell’ esercizio dei doveri della cittadinanza attiva.
Cresciuto, come tanti ragazzi di Mesagne, all’ombra del campanile della Chiesa Madre, alla scuola di pensiero dell’arciprete don Daniele Cavaliere prima e don Angelo Argentiero poi, con una solida struttura valoriale familiare, Mino era una persona integra, leale, ironica, poliedrica, attento all’Altro, con una evidente e granitica avversione per i compromessi. Talvolta testardo e complicato nella ricerca delle vie migliori da seguire, sempre pronto a fare un passo indietro se le circostanze lo avessero richiesto, aveva forte il senso degli ideali senza trascurare mai l’esigenza della concretezza del vivere quotidiano. Era sicuramente un uomo di speranza!
Nel novembre 2005, il gruppo Agesci Mesagne 1, in occasione dei quarant’anni della sua ricostituzione, organizzò, con la scuola media Aldo Moro di Mesagne, di cui ero dirigente scolastica, in una logica di sinergia tra contesti educativi, un convegno sui temi della legalità.
Titolo del convegno: “Essere buoni cittadini. Riflessioni su Giustizia, Pace, Carità.”
Relatori: il Procuratore generale della Repubblica di Torino Giancarlo Caselli, il Coordinatore nazionale di Pax Christi, Don Tonio Dell’Olio, il Portavoce del forum del terzo settore Edo Patriarca.
Mino Falcone fece da moderatore. Sul palco fu una presenza molto discreta, compiendo quel passo indietro che secondo lui la circostanza richiedeva. Già in presidenza, in verità, prima dell’inizio dei lavori, mi aveva detto e ridetto che avrebbe parlato pochissimo perché non voleva togliere tempo e spazio a chi poteva e sapeva argomentare meglio di lui.
E parlò davvero pochissimo, solo all’inizio, ma le sue parole bastarono per trasmettere a chi ascoltava il senso profondo e il significato di un modo di essere, di pensare e di agire: «Appena un mese fa, abbiamo sparso dei chicchi di grano tra i solchi aperti di un terreno confiscato alla mafia. E’ bello ricordarlo questa sera perché chi semina dimostra di avere la speranza, l’umiltà di attendere e il coraggio di fidarsi della capacità del seme di portare frutto». Fu il pensiero che dette inizio al convegno.
In quelle parole, in quella immagine di chi semina pensando che poi raccoglierà il frutto, in quei concetti universali di coraggio, umiltà, speranza c’era il Mino Falcone che io conoscevo!