di Fabio Perrucci
Quando viene chiesto di tracciare la figura di una personalità importante, di spicco, fuori dal comune, spesso si fa riferimento a degli scritti o delle memorie prodotte dalla persona stessa.
Se questo individuo si è poi cimentato in un campo ben preciso delle discipline umanistiche o scientifiche, spesso si va alla ricerca di come le sue opere, le sue intuizioni hanno inciso nella vita di ogni giorno di tutti noi.
Ma quando ci troviamo di fronte a personaggi fuori dal comune, quando questi uomini e queste donne non hanno lasciato scritto nulla per i posteri, quando la loro azione e il loro insegnamento è passato attraverso la loro vita stessa, il loro modo di testimoniare con coerenza fino alla fine le loro scelte di vita, l’unico modo per tracciare un profilo, una biografia è affidarsi ai ricordi di chi l’ha conosciuto, è affidarsi alla testimonianza di chi ha camminato con lui e ne ha apprezzato pregi e difetti cogliendo insegnamenti, lezioni, visioni o anche solo pura amicizia, compagnia e amore per la vita.
Quasi come in un Vangelo laico scritto a più mani si può gustare la lieta novella che si incarna nella vita di ogni credente senza essere dei santi (ma magari aspirare ad esserlo), senza essere dei religiosi (ma magari rispondendo ad una propria chiamata vocazione), senza essere dei profeti (ma sicuramente delle sentinelle che sanno scrutare “a che ora siamo della notte”) senza essere dei maestri (ma sicuramente dei punti di riferimento e delle guide). Per molti di noi questo era Mino (all’anagrafe Cosimo Placido Falcone), un Amico, un Credente, una Sentinella, una Guida.
Nella Stanza delle Segnature nei Palazzi Apostolici del vaticano è conservata una tra le più belle opere di Raffaello Sanzio, “La Scuola di Atene”. L’affresco (7m x 5,5m giusto per avere un’idea) ritrae una scena che da sola narra secoli di storia: racconta di filosofi, matematici, scienziati, di loro idee e dispute.
Una situazione che avrebbe fatto gola a Mino, perché avrebbe tratto da quella scena la capacità di come Raffaello fosse stato in grado di tradurre esperienza, simbolo, concetto in un affresco. In più Mino avrebbe fatto una “catechesi occasionale” partendo proprio dai personaggi centrali della scena.
Come una sorta di gioco delle parti tracceremo Mino come avrebbe fatto lui partendo proprio da questa scena pittorica del 1500.
Al centro dell’affresco si dividono la scena due grandi filosofi antichi Platone e Aristotele.
Platone regge un libro (una sua opera in realtà il Timeo) e solleva il dito verso l’alto a indicare Il Bene (l’Idea delle Idee, l’Uno), e sottintendere che l’oggetto della ricerca filosofica è l’idea di Bene, secondo un processo che va dalla percezione delle cose sensibili (mediante i sensi) a un pensiero intorno a ciò che le cose sono in verità, oltre le apparenze.
Aristotele distende il braccio destro tenendolo sospeso a mezz’aria, per indicare il processo opposto e complementare a quello indicato da Platone, ovvero sia il ritorno dal mondo intellegibile (del pensiero), nel quale si è trovata l’idea di Bene, al mondo sensibile (la realtà apparente), per applicare tale idea mediante questa nuova Etica, oggettivamente fondata, di modo da trasformare la realtà e farla divenire il più possibile ideale (vicina all’idea).
Limando, semplificando e rendendo più alla portata di tutti queste due visioni, Mino avrebbe forse detto che per uno il vero bene lo puoi trovare solo in cielo e per l’altro bisogna sforzarsi di trovare il vero bene in terra.
Mino da cristiano ha sempre saputo tenere lo sguardo rivolto al cielo ma saldamente con i piedi per terra per costruire e cercare il bene qui ed ora. Lo strumento migliore che ha saputo trovare per fare e diffondere questo bene, lo ha trovato principalmente attraverso l’educazione delle giovani generazioni, attraverso il metodo scout.
I suoi princìpi di riferimento per essere un buon educatore sono stati quelli della libertà e verità, coniugando la maieutica Socratica al pragmatismo Aristotelico. Come avrebbe sempre sintetizzato fino all’osso lui: “trova dentro di te le risposte e la soluzione dopo che ti sei rotto le labbra cadendo (tuzzatu li musi catendu)”.
E così che attraverso questo metodo dialettico e pratico Mino faceva scoprire: il valore del servizio raccontando il vangelo facendolo poi vivere con esperienze concrete ai giovani a lui affidatogli, il valore del bene comune facendo vivere il senso profondo di comunità, il valore della pace facendo vivere l’esperienza dei profughi di guerra. Questa scelta di trovare nell’educazione la strada per il bene è maturata in Mino sin dai primi anni dell’adolescenza quando ha scoperto attraverso lo scautismo che la vera felicità sta nel fare felici gli altri.
Attraverso il metodo scout Mino ha imparato ad essere il Fratello Maggiore capace di camminare al tuo fianco per essere sostegno nelle difficoltà e volano per aiutarti a spiccare il volo. E tanti che hanno incontrato Mino nella loro vita hanno spiccato questo volo in zone diverse del mondo, affermandosi come professionisti o operai, come padri o madri, come credenti o atei ma conservando e testimoniando quei valori che il loro FRATELLO MAGGIORE aveva saputo trasmettergli.
Continuando a guardare l’enorme affresco di Raffaello, dopo le due figure centrali lo sguardo è rapito da questa immensa Agorà che pullula di gente diversa, è un’esplosione di convivialità delle differenze. C’è chi scrive, chi legge, chi dialoga animatamente, chi riflette, chi apparentemente riposa.
Mino era l’uomo della piazza, l’uomo della convivialità, amava il confronto e il dialogo scevro da ogni pregiudizio. La “sua scuola” era il suo studio, i giardini comunali, il pub, la pizzeria, il bosco, il salotto di chi l’ospitava. Tutti trovavano spazio nella sua classe perché i posti a sedere erano sistemati in modo circolare, così che ognuno aveva la stessa dignità di parola e espressione di pensiero.
Oggi Mino l’educatore ci lascia un’eredità pesante: la fiducia. Una fiducia che va ben oltre l’affidamento che ognuno dei personaggi del dipinto riponevano nella scienza e nel sapere. Mino aveva una profonda FIDUCIA NELL’UOMO. Riporre e dare fiducia nelle persone sono la sintesi dei princìpi cristiani e scout che ha interiorizzato nel corso della sua vita terrena.