“[…] Gesù racconta che c’era un uomo ferito, a terra lungo la strada, che era stato assalito. Passarono diverse persone accanto a lui ma se ne andarono, non si fermarono. Erano persone con funzioni importanti nella società, che non avevano nel cuore l’amore per il bene comune. Non sono state capaci di perdere alcuni minuti per assistere il ferito o almeno per cercare aiuto. Uno si è fermato, gli ha donato vicinanza, lo ha curato con le sue stesse mani, ha pagato di tasca propria e si è occupato di lui. Soprattutto gli ha dato una cosa su cui in questo mondo frettoloso lesiniamo tanto: gli ha dato il proprio tempo. Sicuramente egli aveva i suoi programmi per usare quella giornata secondo i suoi bisogni, impegni o desideri. Ma è stato capace di mettere tutto da parte davanti a quel ferito, e senza conoscerlo lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo. Con chi ti identifichi? […] ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere […] ci siamo abituati a girare lo Sguardo […], vedere qualcuno che soffre ci dà fastidio, ci disturba, […] sintomi di una società malata, […]. 
Meglio non cadere in questa miseria. Guardiamo il modello del buon samaritano. È un testo che ci invita a far risorgere la nostra vocazione di cittadini del nostro Paese e del mondo intero, costruttori di un nuovo legame sociale. È un richiamo sempre nuovo, benché sia scritto come legge fondamentale del nostro essere: che la società si incammini verso il perseguimento del bene comune e, a partire da questa finalità, ricostruisca sempre nuovamente il suo ordine politico e sociale, il suo tessuto di relazioni, il suo progetto umano. Coi suoi gesti il buon samaritano ha mostrato che «l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro». […]”
Da “Fratelli tutti”

Testimonianze

Le testimonianze dirette di coloro che hanno conosciuto Mino, semplici pensieri per ricordarlo.

Scritti

Una raccolta di scritti e documenti provenienti dal passato, per conoscere meglio Mino.

“[…] L’affidare delle responsabilità è la chiave del successo con i ragazzi, specie coi più turbolenti e difficili. 
[…] Dare al ragazzo delle responsabilità, fidarsi di lui come persona d’onore perché faccia del suo meglio per compiere il suo dovere, e trattarlo con rispetto e con stima, senza con questo arrivare a viziarlo. 
[…] In genere il ragazzo ha un’estrema fiducia nelle sue forze. Per questo non ama sentirsi trattare da bambino e sentirsi dire ciò che deve fare e come farlo. 
[…] Lo scout pone il suo onore nel meritare fiducia – Primo articolo della Legge scout 
[…] Il capo deve fidarsi di lui interamente. Dovete mostrargli con il vostro operato che lo considerate un essere responsabile. Dategli qualche incarico, temporaneo o permanente che sia, ed aspettatevi da lui che lo porti scrupolosamente a termine. Non sorvegliatelo per vedere come egli lo compie. Lasciatelo fare a modo suo, lasciate che prenda delle cantonate, se è il caso, ma in tutti i modi lasciatelo solo e fate affidamento su di lui perché faccia del suo meglio. La fiducia deve essere la base di tutta la nostra formazione morale. 
[…] Ma il punto principale è questo: la pattuglia questa è una scuola di carattere per l’individuo. Per il capo pattuglia essa è l’occasione per mettere continuamente in pratica il principio della responsabilità e le sue doti di leader. […] – Tuttavia, per ottenere risultati di prima qualità con questo sistema bisogna dare ai capi pattuglia un’ampia responsabilità effettiva; dando solo una responsabilità parziale si otterranno solo risultati parziali. Lo scopo principale infatti non è tanto di risparmiare fatica al capo, ma di dare responsabilità al ragazzo, in quanto questo è di gran lunga il miglior mezzo per formarne il carattere. […]”
Da B.P. – “Il libro dei capi”